PROLOGO: Terra Selvaggia, Antartide

 

“Ti vedo preoccupata.”

La femmina rettiliana, che osservava il villaggio sorto sulla riva del fiume, sorrise, la criniera di scaglie acuminate scossa da un fremito. “Quante volte ce lo siamo detto, mio vecchio amico?”

Il robusto maschio, che a differenza di lei sembrava più simile ad un sauro antropoide, disse “Abbastanza da ricordarci che non dobbiamo mai abbassare la guardia.” Dove lei indossava una tunica con ampi spacchi, lui portava solo una doppia cintura in cuoio incrociata sul torace. Non che sembrasse avere bisogno di alcuna protezione o arma…

“Stegron è ancora vivo e capace di minacciarci, dopo il suo tradimento[i]. Zaladanna tace, e ‘quando un nemico tace a lungo, è per preparare un discorso di guerra’.”

Il maschio chinò la testa e il busto in segno di vergogna. “Non so come farmi perdonare, C’rel. Non solo non ho saputo difenderti dal vile traditore, ma per poco non ho causato la tua…” non riusciva neppure a pronunciare la parola. Rabbrividì: ogni volta che tornava su quei fatti, avrebbe voluto tornare nel suo uovo.

C’rel gli posò una mano sulla guancia. “Khadar, non tormentarti oltre. Sono mesi che questi pensieri ti lacerano l’anima. E poi, non è assolutamente vero che fosti debole di fronte al potere di Stegron: proprio quando lui ti comandò di uccidermi, tu riuscisti a spezzare l’incantesimo e a ferirlo quasi mortalmente. E se osasse mostrarsi a noi ancora una volta, non mostreremo pietà.”

Khadar annuì. Lo aveva giurato: ad ogni costo, quell’umano sotto mentite spoglie sarebbe morto, preferibilmente nel modo più doloroso, pezzo dopo pezzo!

“Ti ho fatto chiamare per un’altra ragione che rivangare ricordi dolorosi, Khadar,” disse lei, il tono improvvisamente solenne, della leader degli Esuli.

Khadar si chinò immediatamente su un ginocchio. “Parla e sarai obbedita, mia signora.”

“Alzati, Khadar.”

Lui lo fece, mentre lei indicava il villaggio. Forse quella lunga pace non prometteva nulla di buono, ma almeno avevano avuto il tempo di costruire le proprie case, ricominciare a vivere, preparare i nuovi nidi…

“Ora che non siamo più vagabondi, ora che abbiamo un posto che possiamo chiamare casa, Khadar, è tempo che io dia l’esempio. Che razza di leader sarei, se non concepissi una nuova vita a mia volta?”

Il maschio sentì il cuore perdere un colpo, eppure disse, “E su quale fortunato guerriero ricade la tua scelta?”

C’rel scosse la testa. “Su di te, naturalmente.”

“Erk..?”

“Non potrei immaginare un compagno e padre migliore.” Gli accarezzò il petto, avvertendo il battito accelerato del cuore. “Quando ero una cucciola, dopo la morte di mio padre, mi difendesti dalle trame degli anziani decisi ad usurpare quanto rimaneva del trono. Mi hai addestrata, mi hai dato forza nei nostri momenti più bui. Quello che sono e quindi quello che siamo noi, oggi, lo devo a te.”

“Mio dovere…” balbettò lui.

“Lo so. Come so che qualcos’altro vi si è aggiunto negli ultimi anni.” La mano di lei ferma nel chinargli la testa, la tirò a sé per baciarlo.

Khadar stava per rispondere, quando l’improvviso scoppio di luce nel cielo attirò la loro attenzione. Khadar snudò le zanne in un ringhio tremendo, mentre voltava la testa.

 

 

MARVELIT presenta

JUNGLE SAVAGE

Episodio 4 - Degli insoliti alleati

Di Valerio Pastore

 

 

L’oggetto, simile ad una cometa infuocata, era apparso dal nulla, e prima che chiunque potesse fare di più che guardare, si schiantò al suolo sulla riva opposta del fiume, percorrendo circa un centinaio di metri, prima di fermarsi in un’ultima esplosione di polvere.

Anche a quella distanza, la luce ed il calore erano troppo intensi per potere distinguere la natura della cosa… “Posso fare qualcosa?” chiese una voce profonda dietro i due sauri.

C’rel si voltò ad incontrare la figura di una creatura vestita di un costume rosso ed un paio di elaborate bande dorate ai polsi, il volto piatto e scimmiesco su un potente corpo rettiliano dalle scaglie arancioni. “Sì, Magog. Portaci vicino a quell’oggetto e spegni le fiamme se puoi.”

La creatura annuì. Per prima cosa puntò un braccio verso le fiamme, e con un getto di gravitoni dalle bande le estinse con un colpo solo. Subito dopo, crebbe quasi istantaneamente a dimensioni tali da potere prendere in una mano ognuno dei due sauri. Prima di salire sul palmo di Magog, C’rel si rivolse ad un sauro simile ad un dragone, dalla pelle metallica, e ad un maschio sul cui corpo spiccavano creste come lame affilate. “Zor’kh, Gemelli Sai: a voi il compito di proteggere il villaggio. Magog, andiamo.”

 

Appena Magog ebbe attraversato l’ampio fiume in soli due passi, depositò i suoi amici a terra. Mentre si portava alla loro statura, disse, “Questo è davvero strano.”

“Cosa?” Chiese C’rel.

L’oggetto era indubbiamente una qualche navetta, dallo scafo argenteo affusolato a forma di ‘T’, elegante e soprattutto senza un solo graffio. “È una navetta di Z’liztaya. Ma non è possibile.”

“Perché è extraterrestre?” fece Khadar, non nascondendo il suo sarcasmo. Ormai quel posto era un luogo di villeggiatura per gli alieni -certo, meglio loro dei maledetti esseri umani…

“No, perché Z’liztaya è stato completamente distrutto. La mia gente ha invano cercato dei superstiti…”

In quel momento, uno sportello della nave si aprì. Khadar si portò davanti a C’rel, pronto a dare l’anima per proteggerla ringhiando il suo avvertimento. Magog lo affiancò: forse, per miracolo qualcuno era*

Quello che emerse dall’ombra era una creatura robusta e alta quando Khadar, dal corpo nero come l’ebano, coperto quasi completamente da una sofisticata armatura argentea ed un mantello pure nero. La testa era caratterizzata da un muso piatto e irto di zanne piantate in una bocca senza labbra ed un paio di occhi gialli luminosi dall’espressione minacciosa.

Magog fu così veloce nella sua reazione che gli altri sembrarono muoversi nella melassa. Ruggendo orribilmente qualcosa nella sua lingua nativa, la femmina si trasformò in un colosso alto venti metri. In un solo movimento, afferrò lo sconosciuto alieno come fosse stato una bambola e lo piantò nel suolo con tutta la sua forza. Ancora ruggendo parole incomprensibili, colpì la cosa una, due, tre, quattro volte, attingendo al potere gravitazionale delle sue bande per aumentare la massa di ogni pugno. Il suolo tremava come se si fosse scatenato un terremoto. La polvere stava formando una vera e propria nebbia con ogni colpo… Poi, i colpi smisero di essere inferti.

Appena Khadar e C’rel videro perché, non credettero ai loro occhi.

L’alieno nero non solo era praticamente senza un graffio, ma, puntellandosi su un ginocchio, stava letteralmente reggendo con le mani un pugno di Magog! Lentamente, inesorabilmente, la cosa stava vincendo quella forza della natura. Ma Magog non sembrava intenzionata a volere cedere, le zanne scoperte nello sforzo di spingere a terra l’avversario…

Khadar non esitò: veloce come il fulmine, si gettò contro l’alieno nero, la cui attenzione era ancora concentrata su Magog. La creatura comprese di essere sotto attacco troppo tardi: prima un pugno all’addome la spinse via, poi un colpo di coda inferto a piena forza la scaraventò contro la nave, sulla cui parete rimbalzò per poi cadere in avanti.

Khadar fece per andare a finire il lavoro, ma Magog lo trattenne per le spalle. “No! Già ora si sta adattando! Non sopravvivresti ad uno scontro diretto!”

A sottolineare quelle parole, la creatura, implacabile, si stava già rialzando. Poi sollevò un braccio verso Magog, la tozza mano crepitante di energie…

“Bob-Ke’tl! Yuusa-wi’j!”

Tre paia di occhi si voltarono verso gli altri due membri dell’equipaggio fermi sull’ingresso: una femmina sauriana dal muso rotondo, la pelle marrone chiara striata di una sfumatura più chiara, e una corta criniera di aculei ossei sottilissimi bianchi. Indossava un costume corazzato nero e argento. Al suo fianco, in una posa guardinga, ringhiando, stava una creatura cornuta più grande, parte rettile e parte mammifero, ampi ciuffi di pelo sul collo, le caviglie ed i polsi. Dalla bocca colava una bava che, cadendo al solo sfrigolava in fiammate.

A parlare era stata la femmina, e al suo comando la creatura si immobilizzò sull’attenti.

Magog tornò alla statura normale. Fissando i due nuovi arrivati, disse, “Voi siete di Z’liztaya!” Spostò lo sguardo sulla creatura. “Come fate a comandare un Annichilatore?”

La femmina aliena sorrise. “Una cosa per volta.” Si rivolse alla leader degli Esuli. “Tu devi essere C’rel. Khadar non si metterebbe a proteggere a quel modo nessun altro.”

“Ci conosciamo?” chiese la femmina sauriana.

“Eravamo troppo piccole, ma tu Khadar conosci sicuramente mio padre, So’ron Kynn.”

 

Un tempo, si facevano chiamare semplicemente il Popolo. Non avevano bisogno di altri appellativi, non esistevano altri come loro. Ironicamente, dovevano la loro esistenza come specie evoluta e la loro civiltà alle più terribili armi degli esseri umani: le bombe gamma.

Pochi esperimenti segretissimi nel deserto del Nevada, avevano causato una mutazione nella popolazione rettiliana, mutazione che con gli anni era diventata ereditaria. Il Popolo aveva scavato i suoi rifugi approfittando di una rete di caverne naturali. Aveva deciso di vivere in isolamento e in pace.

Poi gli umani li avevano scoperti. Solo la mediazione dell’eroina Miss Marvel aveva impedito la guerra, e permesso che il Popolo continuasse ad esistere in pace.

Poi erano arrivati i Wraith, gli Spettri Neri. Mostri spietati, alieni essi stessi, che pensavano che il Popolo dovesse essere eliminato perché considerato minaccia per i loro piani di conquista. E i Wraith quasi portarono il Popolo sull’orlo dell’estinzione.

Braccati da umani ed extraterrestri, i sauri dovettero lasciare la loro terra, in cerca di un rifugio sicuro. Vagarono per mesi nei deserti americani, fino a raggiungere un luogo unico al mondo: Revelation. Rifugiatisi presso le vecchie miniere di rame un tempo della Calico Corporation, gli Esuli erano stati inaspettatamente contattati da un loro simile, So’ron Kynn. L’anziano alieno del pianeta Z’lyztaya, l’ultimo sopravvissuto alla strage perpetrata dagli Annichilatori aveva perorato la causa degli Esuli con passione. Ma, alla fine, gli Esuli stessi avevano rifiutato l’offerta di una vita al fianco di un'altra comunità: allora pensavano di essere numerosi a sufficienza da ricominciare in perfetta autonomia. L’ultimo aiuto di Kynn fu dare loro una mappa per raggiungere la Terra Selvaggia, il rifugio più sicuro che conoscesse…

 

“Senza l’aiuto di tuo padre, saremmo morti, o peggio,” disse C’rel. Il gruppetto procedeva lungo il villaggio. Il lavoro procedeva febbrilmente, eppure ogni Esule che si trovasse ad incrociare M’rynda si prodigava in un inchino accompagnato da un cenno di saluto con la mano.

“Uh, cosa significa quel cenno a mano in su?” chiese M’rynda.

“’Mi metto nel tuo palmo’. Per indicare la piena fiducia. È il nostro saluto più importante.”

M’rynda si schiarì la gola, imbarazzata. “Non sono io a meritarlo.”

“Come mai tuo padre non è con te?” chiese Khadar. “Pur non essendo un guerriero, la sua dignità e il suo genio erano degni di un re.”

La femmina extraterrestre abbassò gli occhi. “È morto pochi giorni fa. Ma non siate tristi: è morto vecchio, circondato da amici e con me e Zed al suo fianco, in un luogo che poteva chiamare casa. Vi auguro di potere essere altrettanto fortunati.

“Nella sua ultima settimana di vita, ha spesso pensato a voi. Per questo, io e Zed siamo partiti alla vostra volta: volevo sincerarmi che non si fosse preoccupato inutilmente.”

“Appena saremo pronti,” disse C’rel, “erigeremo un monumento commemorativo in suo nome.”

“Voglio sapere dell’Annichilitore,” disse Magog, fissando con cautela la giovane rettile. “Nessuno di loro ha mai servito altri padroni che gli Zygotiani.”

“Bob?” fece M’rynda. “Il suo modulo-incubatrice cadde nei pressi di Revelation in stato inattivo. Mio padre era fuori di sé per l’emozione: non era mai successa una cosa del genere. Una volta verificato lo scollegamento dal suo alveare, cioè la nave da trasporto, aprì il modulo e passò mesi a lavorare sul drone fino ad essere sicuro che ora servisse solo e solamente lui e me. Sapeva che la sua fine era vicina, e voleva che oltre a Zed fosse qualcun altro a proteggermi. Inizialmente, ero assolutamente contraria a farmi trattare come una cucciola, ma ora…” le sue mani artigliate si contrassero ripetutamente, estraendo ed estroflettendo gli artigli sopra i polsi. “Io e Zed siamo davvero gli ultimi. E lui è sterile, e a meno di clonarmi…” fu interrotta da una mano sulla spalla.

La mano di C’rel. “Tuo padre ci offrì rifugio per permetterci di ripopolarci. Non so se i nostri maschi potranno aiutarti, ma se pensi che la nostra casa possa essere la tua nuova casa, sei la benvenuta.”

M’rynda si mise seduta su una roccia. Zed si acquattò al suo fianco. “Non potevo continuare a vivere a Revelation, ormai lì non c’era niente per noi.” Passò una mano sulla fronte del mezzo mammifero. “Non abbiamo molto da offrire…”

“Avete conoscenza,” disse Khadar. “Conoscenza e quel vostro formidabile guerriero.”

“Abbiamo un debito di onore e di vita con tuo padre,” disse C’rel. “Onorarlo accettando te e Zed come figli della nostra comunità è il minimo che possiamo fare per voi. Con la benedizione degli spiriti dei nostri antenati e dei nostri caduti,” appoggiò una mano sul ventre di M’rynda “potremo un giorno permetterti di deporre le tue uova.”

“Grazie, C’rel. Per ora…” la giovane spalancò la bocca in un poderoso sbadiglio zannuto. “Vorremmo solo riposare. E’ stato un viaggio…stressante. Però, c’è una cosa che mi incuriosisce, prima.” Spostò lo sguardo su Magog. “Per quanto questo mondo sia stato visitato da numerose specie extraterrestri, non avevo mai visto una Tsiln. La tua è una specie molto…elusiva.”

Magog annuì. “Appartenevo ad una spedizione di esplorazione, per studiare l’installazione degli Arcani, che permette l’esistenza di questo ecosistema. Purtroppo, anche noi abbiamo avuto problemi con le…difese di tale installazione.”

“I sistemi sono impazziti appena abbiamo penetrato lo spazio aereo della Terra Selvaggia,” confermò Zed. La nostra nave fotonica ha fatto fatica a mantenere la propria integrità. Siamo riusciti a localizzarvi appena prima di essere costretti all’atterraggio.”

“Tu però potresti tornare a casa quando vuoi,” M’rynda indicò le bande dorate. “Sono nega-bande, quelle.”

Magog sollevò un polso. “Mi sto…affezionando a questo posto, e soprattutto a questa gente. La mia missione è già stata data per dispersa, e il mio popolo non manderà nessuno a recuperarmi, per questo ogni esploratore porta le nega-bande, per tornare da solo se capace. Per un po’, resterò qui.” Spostò lo sguardo verso la nera creatura immobile a poca distanza, gli occhi sinistramente vigili. “Perché ‘Bob’? Gli Annichilatori non hanno nome.”

“’Bob’ sta per b’her ojak brehern, dispositivo di difesa personale. E usando un nome, mio padre intendeva fare sì che la nuova programmazione creasse una maggiore autocoscienza, una personalità veramente individuale e unica, per evitare che gli zygotiani possano riprenderne il controllo.”

Magog si accarezzò il mento. “Una soluzione semplice ed elegante. Avrei voluto conoscere tuo padre, davvero…”

M’rynda si alzò in piedi. “Parleremo di lui un’altra volta. Ora ho solo bisogno di dormire.” Fece un breve inchino all’indirizzo di C’rel. “Con permesso.”

La leader esule seguì il terzetto, guidato da una femmina, dirigersi verso la capanna loro assegnata.

Khadar avvolse i fianchi di C’rel in un braccio. Senza dire una parola, si chinò a baciarla a lungo, ricambiato con altrettanta passione. Per quanto restarono così, persi l’uno nell’altra, in quell’antico gesto a placare le proprie ansie, a dare e ricevere forza? Non importava: C’rel poteva finalmente abbandonarsi come femmina, e non come leader, in colui che aveva amato per così tanto tempo, e Khadar poteva finalmente dare spazio al suo desiderio di vivere una vita oltre quella di capo dei guerrieri…

Quando finalmente si separarono, lui credeva che gli sarebbe scoppiato il cuore nel petto, invece era…calmo. Sapeva di avere preso una decisione, e semmai era sorpreso di non avere pronunciato prima queste parole: "Non sarò solo il padre dei nostri figli. C’rel, concedimi di essere il tuo compagno per il resto delle nostre vite.”

Lei annuì. “Così sia. Che la nostra unione sia celebrata domani davanti ad ogni membro della nostra comunità.”

E fu solo allora, con lo scoppio di un collettivo ruggito di gioia, che si accorsero di essere stati il centro dell’attenzione di tutta la comunità. C’rel sprofondò tra le braccia e contro il petto del suo futuro sposo, imbarazzatissima.

 

Quando era solo un uomo, si chiamava Vincent Stegron. La sua passione per la paleontologia, per quelle creature simbolo del potere che erano i dinosauri, lo spinse a diventare uno di loro, letteralmente.

Non aveva mai rimpianto la sua umanità perduta. Diventare l’Uomo-Dinosauro lo aveva spinto più volte verso la conquista della Terra Selvaggia, da dove avrebbe imposto il ritorno del dominio dei rettili al resto del mondo. Ma ogni volta aveva fallito, frustrato dall’Uomo Ragno, da Ka-Zar e altri maledetto ‘eroi’!

Pensava di avere trovato dei servi obbedienti in questi Esuli, ma aveva commesso un errore fatale cercando di controllare proprio il loro più potente guerriero. Aveva associato la bruta potenza di Khadar ad una scarsa volontà, aveva pensato che il suo potere di controllare i rettili avrebbe facilmente avuto ragione di quella gente… Che idiota! La loro volontà era stata semmai rafforzata a livelli impensabili dalle loro infinite traversie! Ogni morto per la strada, ogni ricordo di dolore, ogni sfida superata… No, Stegron poteva considerarsi fortunato ad essere riuscito a sopravvivere alla furia di Khadar…

L’Uomo Dinosauro si fermò, appoggiandosi ad un albero. Tossì un paio di volte, sputando sangue. La ferità che Khadar gli aveva inferto attraversava il ventre, mostrando gli organi interni lacerati. L’emorragia aveva tinto di verde tutto il segmento inferiore del corpo, incrostandosi sulle scaglie, pasto di sciami insetti attirati da quella manna.

Stegron cadde prima in ginocchio, poi riuscì a mettersi seduto contro il tronco dell’albero. Il respiro era ridotto a pochi rantoli brevi e stentati. Troppo sangue perso, lesioni interne, non riusciva più a pensare chiaramente. La sua visione era ridotta a un panorama sfocato.

Stupido, stupido, stupido! Troppa fretta, non avrebbe avuto un’altra possibilità…

<Sembri davvero disposto a fare qualunque cosa per quella seconda possibilità, non è vero?> quella voce si fece largo nella sua mente con una lucidità quasi dolorosa.

“Cosssa..?” Stegron tossì sangue. Ora persino il dolore non era più così terribile.

<Se muori, perderemo un alleato inestimabile contro gli Esuli. E non intendo permetterlo.>

“Chi..?” l’Uomo Dinosauro vide una sagoma umanoide indefinita avvicinarsi a lui. Poi qualcuno lo toccò sul ventre ferito, e una piacevole sensazione di calore si diffuse lungo tutto il suo corpo.

<Ora rilassati, Stegron. Il nostro signore Set ha molti piani per te.>

 

La Terra Selvaggia era passata per numerose e terribili prove, la più devastante delle quali fu la venuta di Terminus, che la distrusse pressoché completamente. Altre volte, i creatori di quel mondo tascabile, l’ultimo frammento di un passato vecchio milioni di anni, avevano dovuto rimodellare la struttura geologica dell’habitat per adattarlo ai mutamenti climatici dell’Antartico.

Una cosa era rimasta costante.

Questa città: una struttura avanzata, sofisticata, svettante gloria di architettura verticale abbastanza grande da ospitare agevolmente un milione di abitanti.

Una città, tuttavia, della cui esistenza solo i suoi abitanti erano a conoscenza.

 

Lo schermo grande mostrava i tre nuovi ospiti degli Esuli entrare nella loro capanna. Tre finestre mostravano una foto dei volti, insieme a quanti dati il satellite-spia era riuscito a raccogliere.

“Vostra maestà,” disse una creatura rettiliana, magra, che assomigliava moltissimo alla versione antropoide di un velociraptor. Indossava una tunica bianca attraversata ai fianchi da una banda fiammeggiante oro. “Nonostante queste nuove aggiunte a questa comunità sauriana, ritengo sia possibile una pacifica coesisten*” un verso minaccioso e secco gli impedì di andare oltre.

“Tu sei il nostro capo scienziato, Ek’dam. Devi solo dirmi quanto sono potenti queste nuove aggiunte!”

Il rettile fece un profondo inchino. “Mi perdoni, Maestà! La femmina ha accesso a una tecnologia quantistica che da sola ci porterebbe avanti di secoli. Il maschio ibrido sembra possedere delle ghiandole capaci di secernere un liquido infiammabile, ma devo effettuare ulteriori esami. Quanto al drone, le sue potenzialità combattive sono potenzialmente…illimitate.”

“Vostra maestà,” disse una nuova voce, emergendo dalla porta della grande sala del trono. Questo nuovo sauro avrebbe potuto facilmente misurarsi con Khadar. Indossava un’armatura color sangue e oro, con una stilizzata zampa rettiliana artigliata impressa sul petto. Nel braccio reggeva un elmo dotato di una lama affilata per cresta. Ampi speroni aguzzi decoravano polsi e caviglie. Subito la creatura si mise su un ginocchio.

“Dimmi, Generale Takon.”

Sollevando lo sguardo, il militare disse, “Vostra maestà, queste creature sono appena arrivate, sono forti, ma ancora non sanno nulla della nostra esistenza e sono inesperti del territorio. Non sono ancora numerosi abbastanza od organizzati per rappresentare una minaccia. Eliminiamoli ora, e i mammiferi avranno un alleato di meno.”

“Vostra Maestà,” intervenne Ed’kam, disperato. “Come nostri alleati, invece, queste creature ci porteranno molti più vantaggi! Accogliendoli fra i nostri ranghi, potremo disporre di tecnologie mai neppure concepite, e soldati molto f*” fu interrotto da un ringhio minaccioso di Takon.

“Stai dicendo, capo scienziato, che i loro guerrieri sono più forti dei nostri?”

Il poveretto deglutì. Ma perché aveva aperto bocca? “Ah, Maestà,” tentò, cercando disperatamente di ignorare il comandante delle forze militari, “alcuni di loro sono più forti di molti dei nostri soldati messi insieme, non c’è dubbio. Anche loro odiano i mammiferi umani, e sono sicuro che saranno volentieri nostri alleati…”

“E io sono sicuro che non possiamo permettere che il sangue di quei selvaggi, o quello degli alieni, contamini la nostra razza!” lo interruppe l’Imperatore, una creatura grigia avvolta da un ampio mantello nero. “Il nostro destino è di riportare i dinosauri al posto che loro spettava prima di quel maledetto incidente cosmico! Chiunque si trovi sulla nostra strada può solo arrendersi a noi e servirci come schiavo, o diventare nostro cibo! Questo è il volere di Go’ol, questa è la legge degli Hauk’ka!”



[i] Ancora inedito